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Intervista a Anthony Kane CEO e Presidente dell’Institute for Sustainable Infrastructure

a cura di Alfredo Martini

Anthony è in ISI fin dalla sua nascita. Ne è recentemente diventato CEO e Presidente operativo dopo essere stato direttore di ricerca dello Zofnass Program for Sustainable Infrastructure alla Graduate School of Design dell’Università di Harvard. Con lui abbiamo ragionato sul valore del protocollo Envision, sui suoi ambiti di applicazione e sulla sua diffusione nel mondo e in Italia.

“Con la creazione del protocollo Envision si è cercato di dare una risposta al bisogno dei governi locali americani di disporre di un protocollo di riferimento in grado di favorire un percorso condiviso verso una sempre maggiore sostenibilità di un’infrastruttura. Prima di Envision, infatti, non esisteva un’unica definizione e un linguaggio comune di sostenibilità. Un’esigenza maturata nell’ambito dell’American Public Work Association (APWA), da cui nasce ISI, e che è il principale riferimento della produzione e gestione di infrastrutture pubbliche. Con Envision si è voluto fornire una guida per assicurare continuamente dei criteri di valutazione del livello di sostenibilità presente in un progetto, nella realizzazione e nella gestione, comprensiva della manutenzione, di un’opera infrastrutturale. L’intento di Envision non è propriamente quello di fornire una certificazione, piuttosto un’autovalutazione del progetto che permette di verificare quali approcci sostenibili vengono presi in considerazione. Envision, infatti, è un “sistema aperto”, il che vuol dire che chiunque può accedere al protocollo ed utilizzarlo. Una scelta che corrisponde alla natura stessa di ISI quale organizzazione no-profit, interessata agli investimenti sociali e al bene pubblico.”

Qual è il valore che un protocollo come Envision apporta al nostro modo di vivere e all’economia di un Paese o di un territorio?

“Envision è uno strumento molto innovativo in quanto si propone di trasformare, in maniera graduale, l’ecosistema culturale, decisionale ed economico che sostiene lo sviluppo delle infrastrutture in tutto il mondo. E’ un meccanismo che apre un nuovo spazio di confronto, a beneficio di tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione di un’opera civile. Envision riesce a seguire il cambiamento di approccio alle costruzioni iniziato già da tempo. La riduzione delle risorse, economiche e naturali, ha portato negli ultimi anni a ripensare il patrimonio edilizio ed infrastrutturale dell’uomo. Questa trasformazione si è tradotta in un diverso modo di progettare le città e i singoli territori, guardando non solo all’estetica, alla durabilità e alla sicurezza, ma anche all’impatto con l’ambiente e con le comunità che lo popolano.”

Il ricorso al protocollo Envision negli Stati Uniti è sempre più diffuso. Mi ha colpito soprattutto come città di grandi dimensioni, come ad esempio Los Angeles, lo abbiano adottato come strumento di riferimento per diverse infrastrutture, costituendo un riferimento di standardizzazione.

 “A Los Angeles tutta la città collabora per diventare sostenibile. La città ha utilizzato il protocollo per costruire treni, metropolitane, autostrade, aeroporti e parchi, come il South Los Angeles Wetland Park. Dalla nascita di Envision, a Los Angeles più di 100 progetti pilota comuni sono stati portati a termine seguendo le linee guida del protocollo. Altre città come Tucson, in Arizona, lo ha utilizzato per la realizzazione di un piano di gestione delle acque, essendo in un ambiente desertico carente di risorse idriche. Molti sono gli esempi interessanti e rappresentativi della varietà tipologiche delle infrastrutture progettate e realizzate secondo il protocollo. Ad esempio il depuratore di Brooklyn (New York), l’Historic Forth Ward Park di Atlanta e West Five di London, in Ontario: un quartiere-modello di design intelligente, che incorpora significative iniziative di risparmio energetico attraverso fonti rinnovabili. Le esperienze di applicazione del Protocollo Envision negli Stati Uniti stanno comprovando che è possibile progettare e realizzare infrastrutture sostenibili, acquisendo anche il consenso delle comunità locali che vengono portate a conoscenza del progetto e partecipano attivamente al processo decisionale.”

Questa attenzione alle comunità locali è a monte di una quota non marginale dei criteri di valutazione presenti in Envision. Esso sembra rispondere a un’esigenza crescente di condivisione fina dalla pianificazione e progettazione di una infrastruttura. Ma come funziona il sistema di valutazione?

“Porre al centro di una scelta e di un progetto per la creazione di una nuova infrastruttura la condivisione da parte delle comunità locali, acquisendone il consenso, significa prestare la massima attenzione alle mentalità, alle condizioni e ai modelli di vita locali, ma anche la capacità di saper comunicare in modo chiaro e attraverso il supporto di dati e simulazioni, quali saranno gli effetti e l’impatto che un’opera determinerà sul territorio e sulle relazioni tra le persone. Oltre al confronto con le popolazioni destinatarie dell’opera, Envision fa riferimento a molteplici aspetti legati a differenti ambiti della progettazione di un’opera infrastrutturale, sulla base dell’individuazione di 5 categorie, corrispondenti ad altrettante macro aree: Quality of Life, Leadership, Resource Allocation, Natural World e Climate and Risk. Ad esse sono collegate 14 sottocategorie che consentono di identificare gli elementi principali di ogni area. I criteri di valutazione corrispondono ad altrettanti crediti e ogni credito fornisce un indicatore di sostenibilità relativo a uno specifico aspetto di interesse ambientale, sociale o economico, attraverso il raggiungimento di un livello di “achievement” (improved, enhanced, superior, conserving, restorative) e l’attribuzione del relativo punteggio. Il rapporto percentuale tra i punteggi raggiunti, rispetto al massimo ottenibile, rappresenta il livello di certificazione del progetto conseguibile: bronze, silver, gold, platinum.”

Quali sono le potenzialità, secondo ISI, del protocollo in Italia e quali le vostre aspettative?

“L’Italia è attualmente il Paese europeo dove Envision sta riscuotendo il maggior successo, grazie anche al lavoro di informazione svolto da ICMQ che, insieme a Stantec, hanno portato il protocollo in Italia. Credo che una sua diffusione possa contribuire concretamente a favorire una cultura della sostenibilità, coinvolgendo diversi player detentori di progetti e programmi importanti di infrastrutturazione. I risultati ottenuti in un paio di anni sono eccellenti. Cresce la formazione dei professionisti, la redazione di linee guida e aumentano le prime certificazioni.”

Secondo Lei è possibile utilizzare Envision anche in una logica di integrazione tra diverse opere e infrastrutture, contribuendo a promuovere un approccio più ampio nella pianificazione e progettazione, ad esempio applicandolo alla dimensione di una città?

“Quello di allargarne l’applicazione è uno degli obiettivi con cui guardiamo per lo sviluppo di Envision. Essendo il protocollo applicabile a tutte le tipologie di infrastrutture, dall’energia, all’acqua, al trattamento dei rifiuti, ai sistemi di trasporto e a tutte le tipologie di reti, fino al paesaggio, è possibile pianificare processi di trasformazione e di rigenerazione assumendo Envision come un riferimento comune con cui misurare in modalità integrata l’evoluzione di un quartiere o di un pezzo di città.

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